L’INSERIMENTO DEL DISABILE NELL’ATTIVITA’ SUBACQUEA
La paura è effettivamente l’emozione più spesso citata a proposito del nuoto e l’ immagine che se ne fa abitualmente si rivela contemporaneamente semplicistica e globale: si ha o non si ha paura.
Per Wallon la paura è originata da reazioni elementari che partono da una sensibilità organica ed esiste un rapporto specifico tra le reazioni d’equilibrio e la paura stessa. Non a caso lentamente i suoi effetti ed i suoi motivi si riconducono ad una perdita dell’equilibrio psichico, ad una incertezza riguardo agli atteggiamenti da assumere.
Secondo Jan la struttura dello spazio determina la natura dell’emozione e ogni sport sarebbe caratterizzato da una emozione dominante.
E’ evidente che la prima relazione con l’acqua rimanda alla verticalità , si scende in acqua e la superficie taglia la verticale in un sotto ed in un sopra ; se quest’ultimo è conosciuto il primo è ben lungi dall’esserlo.
Il rischio , immaginato o reale, è all’inizio l’inghiottimento , la sparizione, ma al termine dell’esperienza vengono acquisite nuove capacità quali il galleggiamento.
La seconda fase sarà rappresentata da una distanza da percorrere. Lo spazio si strutturerà in funzione di un avanti e un dietro che comporta un altro tipo di emozione.
Schematicamente si potrebbe dire che la primissima emozione si manifesta a causa di forze esterne al soggetto , mentre nel secondo caso , si tratta della mancanza di conoscenza dei limiti delle proprie forze.
Attraversare la linea di contatto dell’aria atmosferica con l’acqua è varcare una linea reale diversa da qualsiasi schema consuetudinario sia fisico che mentale.
Molto difficile è tracciare un profilo psicologico del subacqueo come del resto è difficile per ogni categoria sociale essendo molto riduttiva la prospettiva di definire psicologicamente un essere umano sulla base di una singola attività che ama e svolge.
E’ possibile però constatare se esistono aspetti e strutture di carattere tipici dei praticanti una medesima attività e quali sono le condizioni psichiche determinate da una parte e richieste dall’altra per praticare l’immersione.
L’uomo immerso viene a trovarsi in una situazione fisiologica caratterizzata da una diversa situazione di equilibrio, in questa posizione non più eretta, affidata in modo particolare al labirinto.
In seguito alla modifica sensitiva e sensoriale dell’immersione e dell’azione di altri fattori , come l’ iperventilazione, ipoestesia, o anestesia delle estremità indotte dalla temperatura , si possono avere alterazioni fra soggetto ed oggetto, alterazioni spazio- temporali , false percezioni e consequenziali errate interpretazioni, difficoltà a separare la realtà ambientale dalla fantasia . Fattori predisponenti possono essere quelli correlati al livello dello stato di veglia, a fattori emozionali, in rapporto alla reattività dell’ambiente, a conflitti psicologici.
Bisogna sempre tener presente che nel subconscio del subacqueo possono agitarsi idee fobiche o ossessive, desideri repressi o altri complessi psicologici che tumultuosamente possono affiorare alla coscienza per un episodio insignificante, per un rumore , per un banale incidente di immersione, specie se il sommozzatore ha i processi attentivi alterati dalla stanchezza.Il subacqueo deve possedere indispensabili capacità di concentrazione , coordinazione visiva, ed acustico motoria.
Un’immersione ben riuscita è frutto di una serie notevole di elementi , in cui le conoscenze dell’ambiente sono rette costantemente dalle dinamiche emotive e psichiche del soggetto.
L’interrelazione subacquea del soggetto e il grado di elaborazione del proprio back- ground variano la reazione agli stimoli ambientali.
Nel principiante fattori pericolosi e traumatizzanti possono essere oltre all’ambiente , la respirazione e l’attrezzatura.
La respirazione è motivo non di rado di stati ansiogeni ; il principiante “avverte” la sua respirazione : la non assimilazione delle tecniche respiratorie , ossia delle pause di inspirazione e di espirazione con cui eseguire l’assunzione della miscela può procurare fastidi ed angoscia facendogli pensare ad inesistenti difetti dell’apparecchiatura.
Altri motivi sono il fastidio dell’equipaggiamento alle prime vestizioni , i difetti di galleggiamento, le variazioni di colore del fondo marino con la profondità, il buio, le correnti sottomarine improvvise, il senso di isolamento, la deformazione visiva dovuta agli effetti ottici, le rocce, il fondo viscido ed erboso ( alghe).
Si comprende come l’ incidenza di un numero così vario di elementi determini nella persona poco esperta panico , spaventi, ansie, idee fobiche, con valutazioni errate delle situazioni e delle proprie possibilità.
Queste esperienze pongono l’accento sull’addestramento non solo tecnico ma in qualche modo sul vissuto e sulla condizione psichica del soggetto, oltre che sull’evoluzione delle proprie esperienze motorie .
Il concetto di schema corporeo a questo punto può esserci utile.
Pick propone la nozione di ” immmagine spaziale del corpo”, stabilendo una relazione tra le sensazioni percepite e le loro rappresentazioni visive, il che permetterebbe una localizzazione delle stimolazioni , favorendo l’orientamento del corpo nello spazio.
Head , successivamente , introduce all’origine della nozione di schema corporeo , il concetto di schema posturale in evoluzione in rapporto alle afferenze sensoriali ( viscerali) e propriocettive (muscolo- tendinee) .
Si aggiunge , quindi, alla nozione di immagine spaziale la dimensione temporale e su queste basi prendono avvio gli studi di Schilder che integra i precedenti studi neurofisiologici con elementi psicologici e definisce lo schema corporeo” il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi”.
Pertanto risulta che lo schema è in continua evoluzione e si costruisce con l’integrazione di elementi della realtà.
Da queste premesse si può dunque arrivare a definire lo schema corporeo ” l’organizzazione delle sensazioni relative al proprio corpo in rapporto con i dati del mondo esterno” ( Coste).
Lo sviluppo dello schema corporeo avviene , nel corso degli anni sotto l’influenza di due fattori: la maturazione e la relazione tra l’individuo e l’ambiente.
Ora per ritornare al rapporto tra schema corporeo e la pratica di sport acquatici bisogna considerare le diverse afferenze riguardo alla lateralità , all’orientamento spazio- temporale, e le conseguenti evoluzioni delllo schema corporeo per le complesse informazioni a livello labirintico. Nell’esperienza che successivmente riporteremo si sono dovuti affrontare questi problemi con uno sforzo ulteriore dovuto alla menomazione fisica dei partecipanti al corso.
Molto spazio si è dovuto dare alla formazione di una condizione mentale che desse sicurezza in se stessi. Senza tale condizione preliminare non sarebbe stato possibile ottenere una immmersione sicura.
La nostra attenzione quindi è stata rivolta a trasformare in esperienza positiva quella che altrimenti poteva divenire una esperienza traumatizzante.
Nel febbraio ’87 è iniziata presso il centro de Club Sommozzatori Padova la prima esperienza subacquea nazionale per portatori di handicap alla quale ho partecipato in veste di istruttore federale.
Il gruppo era costituito da otto disabili di cui: tre paraplegici, un displegico, quattro monoplegici.
Il corso in piscina è stato articolato in lezioni bisettimanali di due ore ciascuna, per tre mesi, per un totale di venti incontri più alcuni incontri per la teoria.
Il 18 giugno alla presenza di due istruttori federali 6 degli otto partecipanti al corso sono risultati idonei al conseguimento del brevetto di primo grado FIPS e successivamente , a seguito di un esame in mare , hanno conseguito la prima stella CMAS.
Il corso tenuto dopo varie riunioni dell’equipe , prevedeva quattro fasi di lavoro : la prima di valutazione della situazione di partenza , la seconda di ambientamento e condizionamento, la terza di utilizzo delle attrezzature subacquee, la quarta di valutazione dei risultati conseguiti.
Data la particolarità della situazione degli allievi si è provveduto ad aumentare il numero degli insegnanti per garantire maggiore sicurezza psicologica agli allievi.
Lezioni:1° lex: prove di acquaticità.
2°lex: nuoto in superficie, nuoto in immersione, sostentamento pesi ( pesi in cintura), traslazioni in superficie con uso delle sole mani in assetto verticale ( ogni esercizio viene effettuato allo scopo di verificare le capacità individuali).
3° lex: apnea e compensazione , nuoto in immersione , svuotamento maschera, sostentamento pesi, spiegazione della tecnica della ventilazione.
4° lex: capovolte in raccolta ( esecuzione spontanea senza indicazioni da parte dell’istruttore ), equipaggiamento sul fondo, presentazione del giubbetto idrostatico ( spiegazione e presa di contatto per una buona conoscenza dei comandi) .
5° lex: nuoto in superficie, nuoto in immersione, apnea e presa di contatto con l’apparecchio, respirazione rispettando le pause inspiratorie.
6° lex: svuotamento maschera, capovolte in raccolta, sostentamento pesi , prove di assetto con ARA e GAV.
7° lex: equipaggiamento sul fondo, capovolte con attrezzature, prove di assettto con GAV e ARA.
8° lex: equipaggiamento sul fondo, percorso in superficie e in immersione con ARA.
9° lex: capovolte con attrezzature, percorso in coppia con un solo ARA.
10° lex: recupero e trasporto di un infortunato , percorso in coppia in superficie con un solo ARA.
11° lex: valutazioni nuoto in apnea, svuotamento maschera, variazioni di assetto idrostatico.
12° lex: valutazioni capovolte in raccolta, sostentamento pesi , percorso in coppia.
13° lex: capovolte con attrezzature, recupero di un infortunato, verifica di nodi e segnali in acqua.
14° lex: recuperi in funzione delle difficoltà dimostrate da ogni partecipante.
15° lex: programmazzione di una immersione, respirazione a quattro con una sola attrezzatura. 16° lex: entrata in acqua dalla barca ( simulata) , raccolta oggetti dal fondo, ripassi teoria.
Le ultime quattro lezioni hanno dato maggiore spazio e libertà di iniziativa agli allievi che controllati continuamente dagli insegnanti, cercavano soluzioni personali che persmttessero maggire stabilità e sicurezza in acqua.
Le lezioni di teoria hanno seguito il normale corso federale.
Considerazioni:
gli esercizi sopra elencati fanno parte del programma fedrale ma sono solo indicativi e riduttivi di quanto svolto durante le lezioni in piscina. Ogni esercizio infatti ne presuppone altri e richiede una buona acquaticità e tranquillità nel superamento delle difficoltà che si incontrano.
Durante lo svolgimento del corso sono state apportate molte modifiche alle tecniche comunemente usate data la diversa capacità di azionare spinte, posizionamento del baricentro, capacità di galleggiamento.
Particolare attenzione è stata posta all’utilizzo dell’equilibratore idrostatico che diventa un elemento fondamentale per sopperire alla mancanza di spinta degli arti inferiori negli spostamenti verticali.
Molto personali sono state comunque le soluzioni che ogni partecipante ha via via trovato sempre guidati dal principio del maggior risultato con il minor sforzo (per esempio nel nuoto in immersioni alcuni usavano il nuoto a delfino anzichè la normale pinneggiata).
Metodologia:
l’insegnante richiedeva, inizialmente, il raggiungimento di un obiettibo senza dare indicazioni sulle possibili soluzioni. Studiate le risposte dell’allievo ed in base alle proprie esperienze e possibilità l’istruttore affinava la richiesta aggiungendo nuovi elementi; nell’ultima fase richiedeva una esecuzione molto precisa per verificare la capacità dell’allievo di far coincidere il proprio schema motorio con l’azione motoria. L’istruttore non ha fornito tecniche codificate ma sfruttando , la propria esperienza , a seconda delle risposte ottenute, ha indirizzato gli allievi verso la massima ergonomia del gesto.
Conclusioni:
lo scopo di questa esperienza non è stato solo quello di creare un corso per portatori di handicap , che desse loro la possibilità di inserirsi in questa attività ma di verificare le nostre e le loro possibilità.
Negli anni successivi si sono svolti altri corsi e questi allievi sono a loro volta diventati aiutanti ai corsi. Nei corsi successivi non si è più utilizzata la formula del corso separato ma i nuovi arrivati sono stati inseriti nei corsi federali assieme a tutti gli altri .
Il nostro scopo è ora quello di divulgare le informazioni in modo tale da diffondere la nostra esperienza e dare la possibilità ad altri di contribuire all’iserimento sia nel campo ludico che lavorativo.
Speriamo quindi che questa esperienza contribuisca ad una proliferazione di corsi aperti e ad una maggiore partecipazione e fiducia da parte degli interessati .
Anche il portatore di handicap deve demolire i tabù psicologici che si è costruito per affermare se stesso nella sua unità di persona e raggiungere un inserimento sociale positivo.
Articolo redatto da
Prof. Diego Sarto
Direttore scientifico.
Docente di posturologia e chinesiologia applicata UNIVERSITA’ DI PADOVA